La cassetta degli attrezzi - a voice over story
Sì, questa è una storia di voice over.
E di artigianato. E di tegami.
Anche noi artigiani della voce abbiamo una cassetta degli attrezzi.
Una borsa piena di attrezzi per affrontare ogni questione: tecnica, tecnologica, etica, artistica, spirituale, politica! C’è di tutto dentro. Tutto quello che abbiamo imparato negli anni.
Osservando a mente ferma, non posso fare a meno di notare similarità tra quanto successo a inizio secolo, con gli home studio e quanto sta accadendo ora con le AI e tutto il resto.
Ok, con le dovute differenze di portata. Ma il passato è così, si ripresenta ma non si riconosce!
Rivedere questi schemi passati però, potrebbe aiutarmi a identificarne altri in divenire.
A comprendere un po’ meglio il cambiamento e a non avere paura.
Ok, intanto vuotiamo la cassetta, mettiamo un po’ di attrezzi sul tavolo.
Questi sono microfoni e schede audio! Cavi, pannelli fono assorbenti, plugin.
Questa roba prima si trovava solo nelle sale di registrazione, quelle strutturate con i Pro Tools, i Fostex, i Tascam multi traccia, gli outboard analogici con costi da mutuo.
Oggi, per farci un voiceover, ce li ho tutti qui!
Sul portatilino c’è tutto, devo solo trovare una stanza silenziosa e neutra per realizzare ovunque quello che prima potevo fare solo in un luogo deputato. A costi proibitivi.
Ma sì, anche tra le ante dell’armadio, se sai quello che fai.
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Quindi siamo passati dall’audio per pochi all’audio per quasi tutti.
L’unica cosa che serve è comunque una certa dose di conoscenza dell’argomento.
Non è che un pirla qualunque con una formula uno possa vincere una gara in pista, al massimo si schianta. Serve comunque un pilota. E una macchina adatta!
Beh, quella cosa successa tra la fine del secolo scorso e l’inizio di questo millennio ha provocato scossoni. Tutta quella parte di lavori che prima si facevano solo in un modo e a cui spesso si rinunciava se non c’erano i soldi, dopo… si facevano. Si fanno!
Inizialmente, male, non perfetti come quelli fatti dai veri professionisti nelle sale dei professionisti ma… si facevano. Si fanno. Tantissimi, più di prima.
Conseguenze? L’industria elettronica ha cominciato a sfornare prodotti adatti agli home studio, alternative di qualità, ma meno costose, l’ADAT, l’USB, le schede audio Prosumer, i microfoni come quelli belli ma un po’ meno però non se ne accorge nessuno, le casse come quelle vere ma suonano bene lo stesso e non si lamenta nessuno, i software che fanno tutto in the box ma era meglio l’analogico ah che schifo il digitale vaglielo a spiegare adesso che tutto è digitale.
Le radio libere, mica solo gli home studio! Le radio libere che poi sono diventate meno libere che poi è arrivato Spotify un sacco di musica che prima non si sentiva.
Lascia stare che le case discografiche si sono prese tutto, il punto è che film, musica, radio, podcast, hanno prodotto qualcosa che nella quantità che c’è oggi non troverebbe spazio nel mondo di prima dove c’era la radio TV nazionale, al cinema nel fine settimana, a ballare il sabato sera e la musica nelle cassette C60 auto-reverse con l’autoradio sotto il braccio.
Si stava meglio quando si stava peggio? No, era un altro mondo.
Nel mio settore, direttamente, ha impattato sulla quantità di voci per la pubblicità che si sono affacciate a mercati prima non esistenti. Nuovi mercati!
Una agenzia di Londra fa casting, non devi andare in UK, mandi via internet un provino fatto con la tua attrezzatura;
al fonico non fa schifo, al Project Manager piaci, al cliente pure e così vieni selezionato, fai un test on line con Session Link Pro sul tuo MacBook air e il tuo spot da Londra finisce sulle radio, cinema, social e TV per un marchio italiano che ha la sua agenzia di comunicazione a NY e che usa Londra per le strategie in Europa.
Industrie, nuove, trasformate.
Con l’industria dell’home studio che ha visto fiorire l’industria elettronica tra cui Rode, è nata l’industria del Voice Over. Quello che prima era un mestiere di pochi addetti senza un nome preciso, attori, narratori, doppiatori, sono diventati parte du un nuovo istituto internazionale chiamato industria.
In parallelo si sono cominciati a vendere i Kit per il Voice Over da Home studio, microfoni, aste, mixer, schede audio, pannelli, box e cabine insonorizzate raccolte in pacchetti venduti da aziende specializzate. Poi sono nati i guru, quelli che fanno i corsi per fare un mestiere sviluppatosi da quella rivoluzione e poi naturalmente tanti nuovoi attori sfaccendati perché va beh che con la tecnologia è facile ma anche se vendessero le formula 1 al centro commerciale non ci sarebbero i Nuvolari dietro ogni angolo.
Forse carrozzai e ortopedici vedrebbero un aumento di fatturato ma è un altra storia.
Stava nascendo anche un’altra nuova industria, in parte già attiva ma non così allargata e fiorente: l’industria del casting.
Per gli speaker come noi s’incaricavano di farci trovare, di renderci visibili, con foto, demo, storia, evitando che nella ricerca sul web uscissero gli speaker per auto da 8 ohm della Pioneer.
Chi non si inseriva in questi portali specializzati perdeva le sue occasioni, anche se bravissimo nel suo lavoro, restava indietro, dimenticato.
Bello? Brutto?
Diverso da prima. Qualcosa di negativo da sottolineare?
Psicologicamente non c’è l’incontro fisico quindi è cambiato il modo di comunicare;
nonostante gli anni trascorsi c’è ancora chi non ha imparato a trasmettere le proprie idee. Gli manca la fisicità, persino se non ama farsi toccare dagli estranei. Ma siamo esseri di energia, ci sentiamo a distanza. Anche se un abbraccio ha il suo perché, ma non tutti lo meritano!
A proposito di solitudine, l’attore che lavora da home studio ha dovuto imparare a domare la mente dagli effetti della solitudine ed ha scoperto che non è un lavoro per tutti, non tutti riescono a stare ore da soli a lavorare mantenendo il contatto con la realtà. Lo si è scoperto nel lungo termine con sindromi e insicurezze che hanno portato molti ad allontanarsi. Non tutti hanno l’anima del lupo solitario che però ama la gente, Una contraddizione vivente simile al pittore, allo scrittore, allo scultore, che da solo riesce ad esprimere emozioni destinate ad altri.
Il web 2.0 ha creato anche l’effetto oggetti da distributore automatico: ci si dimentica che dietro ogni oggetto scaricabile on line potrebbe esserci un essere umano capace di creatività.
A me fa pensare alla bottega di dolciumi! Sai quelle pasticcerie profumatissime, colorate… se prendi una caramella dal bancone, quella ha assorbito tutto il sapore delle una specialità di bottega, ha una sua personalità.
Se fai la stessa cosa da un distributore che sta tra le porte dei cessi dell’autogrill… magari è la stessa caramella! T’accontenti. Eppure, anche io l’ho fatto. Ho usato il distributore quando potevo entrare in pasticceria. Così, per pigrizia, timidezza.
Matrimonio con interessi… divergenti.
Portali e attori: inizialmente erano motori di ricerca dedicati ai professionisti, ed erano a pagamento, giustamente! Mi offri un servizio e io ti pago.
Due livelli: gratis stai li parcheggiato e ti si trova solo se si spulcia tra le voci. RIcevi le notifiche dei casting ma non puoi partecipare.
A pagamento e ricevi le notifiche dei casting e puoi partecipare.
I portali hanno presto scoperto che il loro business poteva essere aumentato, aumentando il numero di partecipanti ai loro casting. Perché fermarci ai soli presunti Professionisti?
Che ne sappiamo noi se sono Pro o fingono?
Sarà il pubblico a discriminare, una selezione naturale.
Se all’inizio per discriminare chi si dichiarava Pro da chi non poteva nennemo fingere, si facevano provini d’accesso per assicurarsi di offrire alla clientela del portale prodotti di qualità,
aprendo a tutti si ottenevano molti più iscritti!
Più offerta per il pubblico, più paganti per partecipare ai casting, da 30 a 3000 son solo due zeri che sembra niente ma son sghèi, palanche bigliettoni!
Era nata l’industria del Casting. Se vuoi essere trovato, paga.
In concorrenza belli, brutti, buoni e cattivi senza stabilire un margine di proposta accettabile, il più disperato o il più scemo proponeva 40 invece che 400.
L’assenza di mediatori esperti tra oggetto e prodotto poteva dare risultati scadenti, oppure del tutto inaspettati.
Questo è stato un problema?
L’artista se la tira, io sono vecitazione, espressività, professionismo… guavda, quello chi è?
Un di gei? Ma daaiii, manca l’avte, non c’è Pivandello, il metodo Stanislavskij…
Però l’industria del voice over è rimasta in piedi, c’è stata una naturale discriminazione tra Pro e dopolavoristi. Si sono creati spazi nuovi prima inesistenti.
La rivoluzione che ha visto nascere i server ha consentito a tanti di inventarsi un nuovo mestiere, chi ne è capace regge, chi no, schiatta e va a fare qualcos’altro.
Chi abbiamo perso per strada? Gli studi ci sono ancora. Le agenzie ci sono ancora.
Gli attori ci sono. I fonici ci sono. Forse qualche linguista, qualche adattatore di dialoghi, qualche direttore di sessione, qualche attore incapace di inserirsi come il nonno che non sa mandare gli sms senza la tastiera fisica, ma sono stati sostituiti da altri. Ma mai dimenticati!
The show must go on!
E non l’ho mica ancora vuotata la mia borsa degli attrezzi, sembra quella di Mary Poppins!
O di Harry Potter, stessa magia.
Questi sono… terminologie!
Questo è carino: rolling… te lo dice un tecnico che ha esperienza con le cose passate, o che ha imparato da quella scuola. Rotola, quando puoi cominciare a registrare perché il nastro gira.
Somiglia ad armare la traccia, azione meccanica simile a caricare un fucile, così Armando tira un grilletto perché il nastro sia in posizione quando inizia il … rolling.
Chi è Armando? Armando La Traccia… il fonico! Ho fatto la battuta!
Il link: beh, un collegamento tra fonico e attore. Facciamo un link?
La sessione: facciamo un link per fare una sessione di registrazione!
Il take: una ripresa, la frase che stai registrando o il capitolo. Una ripresa, facciamo il primo take.
ReTake: rifacimenti, in genere successivi alla prima sessione, a volte da fare in solitaria a volte con una breve convocazione.
Anello: espressione tipica del doppiaggio che si trova spesso anche nel doppiare un pezzetto di uno spot.
Su nero: quando registri senza seguire immagini o l’audio guida; Lo schermo è nero. Fai tre take su nero uno di seguito all’altro anche detti…
Three in a raw: tre in di fila. Ad esempio quando reciti uno slogan, ne fai tre in con diverse intenzioni e poi si ascolta come sono. A volte anche solo Two in a raw.
In bianco: quando mandi il file senza musica. A volte anche in nero ma, “in nero” è più riferito al fatto che sullo schermo non ci sono immagini e quindi si registra su nero. Il bianco è il file della sola voce.
Raw file o file grezzo contenente la ripresa della sessione senza alcun editing.
In genere è il backup che si registra durante i link per sopperire agli eventuali drop (caduta momentanea del segnale) causati dalla linea.
I drop c’erano anche con l’ISDN, se pensi che si stava meglio quando si stava peggio.
Cartella: misura abbastanza tipica per il narrato, ma non è una cartella tipografica piuttosto un documento contenente dai 2 ai 3 minuti di parlato (120/140 parole al minuto).
Turno: il turno è una sessione ma è anche il modo di calcolare un minimo sindacale.
Se disgraziatamente devi dire una sola parola, non ti si paga una sola parola ma un turno.
A volte, economicamente, è considerato un turno anche la registrazione da remoto di produzioni semplici che stanno nei 5/10 minuti di audio e in 60 minuti di connessione o presenza in studio, la dove non sono considerati diritti extra.
Io qui sto inutilmente cercando di figurarmi la strada che stiamo percorrendo sul nostro scooter mentre i moscerini cercano di schivarci. Ma non ho una mappa precisa.
Vedo l'orizzonte se non c'è nebbia.
Prendo decisioni sulla base della mia strada percorsa immaginandomi cosa ci sia dietro la prossima curva ma, i miei presupposti influenzano il risultato del mio ragionamento. Per capirci…
Oggi per me fare il mio mestiere, lo speaker, è il mestiere!
Non una cosa che faccio quando mi capita, mi alzo e mi alleno come un maratoneta, un velocista, un nuotatore che si toglie i moscerini dalla faccia quando si tuffa in piscina.
Nella mia mente è un mestiere lungo da imparare, con tante componenti psicologiche, artistiche, di tecnica vocale, espressive e nel caso dell'home studio, tecnologiche; nel lungo termine si arriva a risultati rimarchevoli, eccezion fatta per quei secchioni che sanno le tabelline dalla 3 settimana di gestazione di mamma. Genio!
Quindi dietro la curva m’immagino sempre un mondo dove più il lavoro è importante, più servirà l'esperto migliore in qualunque mestiere, quindi anche il mio! Ci vuole esperienza e culo.
Ma sarà sempre così?
In passato abbiamo visto catene di negozi proporre franchising con la standardizzazione di un procedimento artigianale reso industriale, replicabile senza necessità di essere un esperto per poterlo usare. Così un ragazzino assunto part time, con un mese di corso, impara ad usare una serie di macchine e ti scodella un prodotto di qualità standard senza l’artigiano.
L'artigiano a quel punto serve all'industria per creare le macchine da mettere in mano al ragazzino oppure, unicamente per quei lavori che a macchina proprio non si fanno.
Ma non servono tutti gli artigiani, uno o due bastano e avanzano. Gli altri... non saprei.
Ma se mi rifaccio al passato, la rivoluzione che doveva spazzare via gli Studi di Registrazione perché tutti avevano l’home studio e Neumann fallisce perché i cinesi fanno microfoni uguali, e gli spot faranno tutti schifo perché i portali sono pieni di scappati di casa, e i traduttori resteranno senza impiego, la musica in mp3 non la sentirà nessuno… è un po’ come le dichiarazioni di quel tipo che nessuno avrebbe mai guardato la TV o dell’altro che non è possibile vendere le scarpe on line, o i vestiti, o l’intimo e figurati il sesso virtuale.
Beh, quel passato mi dice che sono nati in realtà tantissimi nuovi mercati e che il mondo si è trasformato, tanto che ci stiamo tutti dentro con nuovi modi di lavorare.
Peggio? Meglio?
Diverso.
L’unica variante davvero importante a mio avviso non sono gli algoritmi, i social, la tecnologia, quelli sono solo parte di una struttura, come il tegame in acciaio con la camera d’aria e il doppio fondo in rame, manici anti scottatura e coperchio con termometro e wifi per l’applicazione che ti dice quando la pappa è cotta.
Quello che conta davvero, a mio parere, non è il tegame ma quello che sapremo cuocerci dentro.
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