Ho conosciuto Eppi due anni fa davanti ad un supermercato. Mi ha aiutato a trasportare un cartone d'acqua frizzante e me lo ha caricato in macchina.
Non che non riuscissi a portarlo, forse avrei persino portato lui in braccio, ma è un ragazzo forte, nero come la notte con un sorriso triste e gli occhi bianchi come nei fumetti a pastello. Gli ho detto, grazie, aiutami sì.
Ogni uomo ha una dignità e allora, Eppi, non avrebbe accettato solo l'elemosina, lui voleva essere utile ed essere pagato per il suo lavoro. Ci siamo scambiati qualche parola, i nomi, un abbraccio e siamo tornati alle nostre vite.
Ne ho incontrati a decine di ragazzi e uomini come lui. Inglese o francese, l'italiano che serve a chiedere di portare il "carélo" per prendere la moneta, o "aiuto io te". Se gli dici "Thank you sir, God bless you" loro attaccano a parlare perché l'inglese lo conoscono abbastanza da fare due chiacchiere. Ti raccontano quello che vogliono raccontarti e pochi forse te la dicono tutta. Sarebbe troppa da raccontare in un parcheggio, troppa per me da sopportare, non sono così forte da reggere la sua vita e la mia.
Eppi l'ho incontrato nuovamente a Novembre nel mio paesino in collina, sui 700 metri dove d'inverno, da Ottobre a Marzo, il clima è più adatto agli orsi che ai vagabondi. Lui cercava lavoro ma
dopo i colpi di genio dei nostri governanti, ecco, dopo tutte quelle belle idee il polo industriale è diventato piuttosto deserto.
Gli artigiani sono pochi e non necessitano di mano d'opera se non specializzata. Non possono prenderla in nero, non si sognano di prendere un nero dalle braccia forti e disperato. I negozianti
hanno già i loro pensieri e non c'è posto per Eppi dalla pelle color cioccolata 99% cacao amaro.
Ma Eppi era salito dalla pianura con la corriera, per vedere se trovava qualcosa da fare: spalare la neve, fare il facchino. Alla fine era tornato davanti alla Coop, questa volta col cappello
appoggiato sul cestino dei rifiuti, il cestino mascherato da colonnina davanti all'uscita del supermercato. Eppi salutava le persone "Grasie, godblesiu, grasie signore" anche se ancora non gli
avevano dato niente.
Quando mi ha visto mi ha riconosciuto (beh, non passo inosservato!) e mi ha detto che voleva fare il falegname e che aveva visto la zona industriale ma non c'era nessuno.
Gli ho consigliato di passare l'inverno a valle, qui sarebbe nevicato molto e non c'era da lavorare. Chi lavora qui fa mestieri di servizio, molto qualificati e a parte l'edilizia e l'agricoltura
c'era poco da fare. In ogni caso se non era parte di qualche struttura che lo aiutava con le questioni burocratiche, assicurazione e contributi per le buste paga, difficilmente avrebbe trovato
accoglienza.
L'ho rivisto in pianura alla fine dell'inverno e mi ha detto che non aveva trovato lavoro come falegname perché facevano solo infissi ma non assumevano. Era davanti ad un nuovo discount
assieme ad altri quattro a caccia di carrelli e mance.
Uno lo conosco, si chiama Carl, viene dalla Costa D'Avorio. Molto timido e poco rassicurante non deve avere avuto belle esperienze qui. Mi ha detto che è laureato nel suo paese ma qui non ha
titoli validi. Mi saluta quando mi vede e lo riconosco perché ha una cicatrice sul mento altrimenti, causa la mia carente capacità di ricordare i volti non lo ricorderei.
Con Eppi ci siamo salutati, gli ho lasciato la paga per avermi accompagnato alla macchina e sono tornato alla mia vita.
Ci sono tre grossi centri di Grande Distribuzione ma uno in particolare mi ha sempre incuriosito perché da anni vi stazionano davanti tre o quattro uomini, sempre gli stessi, con i loro tappeti pieni di portafogli, borse, calzini e accendini. Stanno fuori, vicino all'uscita e parlano tra loro nella loro lingua forestiera. Se vuoi comprare qualcosa, ti fermi: altrimenti vai dritto e nessuno ti rincorre.
Quando le signore dei palazzi dei dintorni scendono a fare la spesa li salutano come vedessero vecchi amici: "Ciao! Non ti ho visto la scorsa settimana!" e lui, alto due volte la vecchina, "Sono andato a casa a portare un po' di soldi e ieri sono tornato qui". Lei lo abbraccia in punta di piedi, lui già chino, poi entra, fa la spesa e quando esce è lui a prendere le sporte e a portarle a casa di lei, probabilmente al quarto piano di uno di quei palazzi attorno. Succede ogni sabato e immagino anche gli altri giorni.
Se ti fermi ad osservare vedi spesso queste scene. Quel parcheggio però non è frequentato da altri stranieri, ci stanno solo e sempre loro, gentili ma evidentemente territoriali. Come dargli torto.
Pochi giorni fa Eppi era nuovamente davanti alla Coop in montagna, col suo cappello e il suo "God blessiu". Pochi centesimi nel cappello perché, mi ha detto, se la gente vede che hai dei soldi non ne mette altri.
Eppi è sempre pulito, educato, sempre sorridente. Questa volta era tornato perché qui non c'è mai nessuno a fargli concorrenza, è raro che qualcuno venga fin qua, si guadagna poco tra questi
montanari ma quando in pianura ce ne sono molti altri come lui, allora conviene. Migrare. In montagna.
Eppi mi ha detto che ha passato la tarda primavera a Rovigo a lavorare in campagna poi i primi di giugno gli è scaduto il permesso di soggiorno. Per rinnovarlo doveva trovare un nuovo lavoro quindi doveva spostarsi verso zone dove qualche centro di "accoglienza" lo avrebbe potuto inserire in qualche posto dove poter lavorare e quindi gli avrebbero rinnovato il permesso. Ma così ti sfruttano, gli ho detto. Puoi contrattare? Ma pare che sia così, prendere, stringere i denti e superare l'ostacolo.
Ero col telefono in mano e una persona che dall'altra parte del mondo mi stava spiegando su Skype che mi aveva appena mandato testo e video da doppiare ma gli sarebbe servito subito. Stavamo
terminando la spesa, ero uscito per rispondere al telefono. Anche mia moglie esce dal negozio, le presento Eppi, parlano e ridono in inglese, anche lei gli lascia una mancia (che non spenderebbe
per se!) e gli dice grazie della lezione d'inglese! Lui "Grazie bella signora, godbesiu!". Torniamo a casa e a lavorare come sempre.
Il mio lavoro l'ho sognato, inseguito, raggiunto e l'ho potuto fare perché sono nel mio paese, con le mie tradizioni, la gente si fida di me perché sono parte del loro mondo, perché ho potuto
farmi una reputazione ma, Eppi?
Che cosa può sognare?
Io ho la pancia piena, un tetto, una nazione e posso anche sognare.
Sono certo che mangerò tre volte al giorno, che se avrò sete potrò dissetarmi, se mi farò male verrò curato, ho la mia famiglia vicino, forse posso permettermi di sperare qualcosa per i miei
figli, pur nei limiti definiti dalle idiozie del mondo in cui vivo. Un mondo ancora intatto, l'ossatura c'è.
Ma Eppi vive nel mio mondo come un alieno, la sua pelle scura spaventa e lo relega a vagabondare per racimolare un pasto. Se anche guadagna quanto basta la sera non può essere tranquillo di
entrare in un bar e chiedere un panino e una birra, rischia sempre di essere aggredito, assalito.
Probabilmente per restare qui deve pagare qualcuno che gli da un tetto fra i suoi simili. Simili, simili a noi ma estranei perché fuori casa, fuori da casa loro. Ne ho incontrati tanti e li
ho sempre salutati come si conviene da uomo a uomo ma sono sempre tornato a casa come faccio da anni e non ho mai portato con me né Carl, né Eppi. Non sarebbe saggio nei confronti dei miei!
Conosco i confini della mia vita e li difendo.
Ho letto della loro terra e comprendo che sono persone che fuggono dalla miseria, miseria causata da guerre o da sfruttamento delle terre.
Politiche che vedono coinvolti anche i nostri governi!
Ma cosa trova qui Eppi?
Sfruttato, mano d'opera sottopagata. Come lui anche tutti gli altri sono persone che possono vivere e aiutare la loro famiglia a distanza con le briciole della nostra società. Una società indegna
che li vuole così, poveri, disperati, strappati dalla loro terra, dalle loro tradizioni, pronti per essere spremuti e sfruttati, spinti ad odiare e ad essere odiati.
Eppi avrà trent'anni oggi. Cosa sarà di lui tra altri trent'anni? Avrà una pensione? Una nazione a cui appartiene che lo curerà? Nipoti cui parlare della sua vita in Italia? O morirà di stenti quando le forze non saranno abbastanza da renderlo utile a chi lo ha voluto qui senza offrirgli la dignità della cittadinanza, dell'appartenenza?
Se accogli qualcuno devi accertarti di poterlo amare e l'amore è materia limitata!
L'idea dell'amore, il sentimento può anche essere infinito ma poi deve diventare concreto. Non puoi salvare il mondo, puoi solo migliorare il pezzetto di mondo che ti circonda e se decidi di amare qualcuno ti costerà vita, sudore, lacrime.
Per quanto creda di averne tanto, di amore, il tempo, le risorse, finiscono in fretta: eppure la vita, la tua la mia la loro, ne ha continuo bisogno: di cibo, di speranza, di amore.
Lasciare un uomo a spendere la sua vita in terra straniera senza mai poter mettere radici non è neppure simile ad un gesto d'amore.
Bei pensieri certo, pensieri che vengono però se hai mangiato abbastanza e se il dentista ti ha curato il molare dolorante. Perché se i tuoi bisogni primari rimangono insoddisfatti, se hai fame sete freddo mal di denti e nessuna speranza di soddisfazione, come puoi pensare ad altro?
Grazie annamariarenda.com per editing e suggerimenti, è sempre un piacere avere la tua opinione. :)
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